La campana dell’inferno: nascita di un’icona

© Unknown - Autore sconosciuto

Di Gabriele Temporiti, Staff AC/DC Italia

A partire dal 1980, il palco degli AC/DC si è sempre più arricchito di elementi scenografici: oggi siamo abituati a vedere lo show attraverso immensi schermi ed essere abbagliati dalle più recenti e tecnologiche coreografie delle luci a led, ma negli ultimi 40 anni il “luogo di lavoro” della band è stato un susseguirsi sempre maggiore di “accessori”, talvolta introdotti in tema con l'ultimo album pubblicato, e che hanno arricchito lo spettacolo oltre all'illuminazione di scena standard. Ci viene in mente una gigante bambola gonfiabile, dei cannoni, una palla da demolizione, una statua, un treno, un missile che sbuca dal terreno ma soprattutto lei, la prima arrivata, l'imponente campana infernale che cala dal soffitto del palco, negli anni presa a martellate per evocarne i rintocchi o utilizzata come altalena da Brian Johnson all'inizio di “Hells Bells”. Scopriamo insieme come è nata l'idea di inserirla iconicamente nell'album “Back in Black” e in maniera permanente nell'allestimento live del gruppo.

L'idea, la realizzazione ed un ruolo...piuttosto ingombrante!

Un paio di settimane dopo che Brian Johnson fu ufficialmente annunciato come nuovo cantante, verso la metà di Aprile 1980 la band si trasferì ai Compass Point Studios di Nassau, nelle Bahamas, per incidere quello che sarà il loro maggior successo discografico. Scelta come apertura dell'album “Back in Black”, “Hells Bells” doveva iniziare con dei rintocchi di campana, registrati apposta per l'occasione e non presi da suoni già campionati e poveri di significato: bisognava ricreare la giusta atmosfera per far capire quanto l'album fosse un vero e proprio tributo al loro precedente frontman Bon Scott, scomparso nel Febbraio dello stesso anno. Questo era il sentito volere della band e del produttore in carica John “Mutt” Lange che, ad album praticamente già ultimato, decise di far ritornare in Inghilterra Tony Platt (ingegnere del suono impiegato nelle lavorazioni del disco) per registrarne una realizzata su misura – con tanto di scritta e logo del gruppo – ed inserirla nel brano. Ian Jeffrey (il loro tour manager) fu incaricato di trovare l'azienda adatta per produrla. Serviva una campana da una tonnellata, il massimo gestibile per il trasporto durante il prossimo tour e farla apparire sul palco, cosa che si rivelò poi più facile a dirsi che a farsi: il gruppo ci teneva che i fans vedessero dal vivo ciò che suonava davvero nel disco.

La fonderia John Taylor oggi © Chris Allen

La fonderia in grado di concretizzare quanto pensato si trovava a Loughborough, una piccola cittadina del Leicestershire, UK: la “John Taylor & Co”, ancora attiva oggi (il loro sito è http://taylorbells.co.uk/, e potete vederla su Google Street View cliccando qui), è un'azienda storica fondata nel 1784 dalla famiglia Taylor, poi trasferita nell'attuale sede nel 1859, e detenente il titolo di fabbrica di campane più grande del mondo. Grazie al principio dell'accordatura a cinque toni, perfezionato in anni di lavorazioni, la fonderia è stata in grado di abbinare un'inconfondibile timbro morbido e ricco alle loro creazioni e farle distinguere da tutte le altre campane in bronzo fuso. Non fu quindi un caso che la scelta ricadde sulla miglior opzione in circolazione. La campana richiesta costò alla band circa 30000 euro di oggi. Trovato il costruttore, Platt arrivò nel Regno Unito convinto di iniziare subito a incidere i rintocchi su nastro, intenzione temporaneamente fermata dal fatto che la “Hells Bell” commissionata non fosse ancora pronta: semplicemente necessitava ancora di un po' di tempo per raffreddarsi a dovere una volta uscita dallo stampo.

La Carillon Tower al Loughborough's War Memorial © Unknown - Autore sconosciuto

Per recuperare tempo, la stessa azienda suggerì di registrarne una pressochè identica, già installata e funzionante presso il vicino Loughborough's War Memorial, luogo dedicato alle persone del posto scomparse durante la prima guerra mondiale. (https://www.iwm.org.uk/memorials/item/memorial/14738 – per vedere direttamente dentro la torre clicca qui): la “Denison Bell”, con tanto di incisione dedicata a Edmund Denison Taylor (uno dei figli di John William Taylor, fondatore dell'azienda), era la campana più grande tra le 47 in cima alla Carillon Tower. Non fu una passeggiata. Il rumore dei piccioni che continuavano a posarsi e volar via ad ogni rintocco (d'altronde era la loro casa), unito al sottofondo del traffico cittadino rese impossibile ottenere delle registrazioni pulite.

Durante le registrazioni © Unknown - Autore sconosciuto
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Ci si armò quindi di pazienza per aspettare che la campana commissionata fosse finita per poi registrarla direttamente dentro la fabbrica, quindi mixare le diverse registrazioni ottenute da diversi rintocchi e dai differenti posizionamenti della decina di microfoni impiegati. Tutto questo fu possibile grazie al noleggio dello studio mobile di Ronnie Lane, bassista e membro fondatore degli Small Faces. Nel 1972 ebbe la brillante idea di importare dagli States un rimorchio abitabile, modificarlo e inserire al suo interno un mixer a 16 tracce, registratori a nastro e monitor, insomma tutto il necessario per renderlo un vero e proprio studio di registrazione professionale in movimento: “Quadrophenia” degli Who e “Physical Graffiti” dei Led Zeppelin sono giusto un paio delle decine di lavori realizzati grazie a questo progetto, all'epoca uno dei pochissimi in circolazione in grado di competere con quello posseduto dai Rolling Stones (maggiori informazioni su https://www.ronnielane.com/ronnie-lanes-mobile-studio-lms.html#/ )

Ci siamo quasi: il peso della campana ultimata, che come richiesto era di circa una tonnellata, suonava esattamente un'ottava più alta di quella necessaria per l'attacco del brano (e non fu richiesta accordata in tonalità di DO o “C” come si legge su alcuni articoli – il brano è in LA o “A”). Grazie a senz'altro più pratiche tecniche di mixaggio – piuttosto che avere una campana di doppie dimensioni - John Lange rallentò il rintocco inciso del 50% per ottenere l'intonazione giusta, in perfetta simbiosi con il riff di chitarra che da li a pochi mesi sarebbe diventato uno dei più riconoscibili al mondo.

“Back in Black” fu pubblicato e divenne fin da subito il grande successo che tutti oggi conoscono. Poco prima dell'uscita iniziò anche il relativo tour che, come accennato, prevedeva di portarsi dietro anche la nuova creatura di bronzo, fresca (per così dire) di fonderia. All'inizio del brano, che apriva tutti gli show, veniva riprodotto nel buio il rintocco che sentiamo sul disco. Proprio come voleva la band, successivamente la campana compariva e veniva martellata da Brian in un punto definito per ottenere la migliore risonanza; un'ottava più alta come accennato poco sopra, certo, ma l'effetto per l'inizio del nuovo spettacolo era davvero d'impatto, con Angus che entrava poco dopo e attaccava il pezzo a tutto volume.

Da "Sounds" - Settembre 1980 © Unknown - Autore sconosciuto

Anche se il risultato finale fu senz'altro toccante e riuscito, la logistica non fu comunque una passeggiata: spesso le venues per i concerti erano interrate e spostarla all'interno della sala era una vera e propria impresa, sempre se il soffitto o lo scheletro delle luci fosse stato in grado di sorreggere tutto quel peso, cosa non scontata. Nel caso una gru era necessaria – oppure niente campana. Per non parlare delle rampe per portarla sul palco, posizionarla nel giusto punto e poi ritirarla sul camion al termine dello show: è facile immaginare quanto nei primi concerti gli spostamenti della nuova arrivata furono un vero e proprio incubo per la crew della band. Non è ben chiaro quando venne sostituita da una versione in metallo più leggera (e poi anche in vetroresina, dal momento che la si vide dondolare); sta di fatto che “l'originale” potrebbe aver fatto la sua ultima apparizione sul palco nel tour estivo del 1991, come affermano alcuni storici fan, per poi essere conservata in uno dei magazzini del gruppo in Inghilterra. Inoltre, non ci sono chiare fonti su un incidente capitato proprio a causa del peso eccessivo della campana nel tour del 1988. Insomma fu costretta ad un pensionamento anticipato, che non ha però scalfito la sua leggendaria immagine guadagnata negli anni.

La replica della "Hells Bell" nella vecchia casa di Malcolm Young © Unknown - Autore sconosciuto

Un'ultima curiosità: con sorpresa, nel 2014 appare in rete l'annuncio di vendita della casa di Malcolm Young a Beaconsfield, vicino a Londra. Il chitarrista stava per trasferirsi definitivamente a Sydney, per curarsi e rimanere vicino alla sua famiglia. In uno scatto d'interno, si nota una piccola campana appena al soffitto di una stanza: Malcolm Young se ne fece fare una replica in scala ridotta – sempre dalla fidata “ John Taylor & Co” - per inserirla nell'arredamento.

Questa è la storia della mitica Hell's Bell, diventata nel tempo una delle icone più rappresentative della band, forse seconda solo alla divisa da scolaretto di Angus o alla sua Gibson SG “Diavoletto”, cresciuta di pari passo con la popolarità della coppola del suo “campanaro” Brian Johnson...e portando migliaia di persone dritte all'inferno!

“I got my bell, I'm gonna take you to hell
I'm gonna get you, Satan get you, Hell's bells!”