Power Up (o PWR/UP): la nostra recensione

di Gabriele Staff AC/DC Italia

Ciascuno di noi, in base alla propria opinione, potrebbe definire “Power Up” (o “PWR/UP”) in svariati modi: un album assolutamente necessario oppure un lavoro superfluo. Allo stesso tempo il giudizio può spaziare tra il superlativo o il discreto, a seconda delle aspettative e del metro di paragone con la precedente discografia. Di sicuro riflessioni che sono scattate dalla pubblicazione di “Black Ice”, che alcuni di voi considerano il “punto di arrivo” della carriera degli AC/DC a cui si sono appassionati molti anni prima. Per quel che mi riguarda, è bastato percepire “Power Up” come un album dal clima disteso; un lavoro desiderato, con una formazione “legittima” degna del nome AC/DC, come più volte abbiamo scritto. Tutto l'incubo “Rock or Bust” è passato, grazie al cielo. Mettere la parola fine in un clima di assoluta incertezza sarebbe stata dura, se non impossibile, da digerire completamente. C'era qualcosa in sospeso da risolvere, per i fan e per loro stessi. Fino all'ultimo non era veramente chiaro se le foto di Vancouver avessero rivelato qualcosa di concreto in lavorazione, ma furono sufficienti per allontanare “l'esperienza Axl Rose” dai ricordi in modo sostanziale. In maniera saggia e fortuita, vista la pandemia in corso, la band era effettivamente in piene registrazioni, come poi confermato dal loro collaboratore Mike Fraser, durate 6 settimane, tra Agosto e fine Settembre 2018.

Penso che non sia necessario analizzare ogni singola traccia o riff che compone “Power Up”, se non per sfizio passionale (non abbiamo resistito a mettere ai voti le singole tracce), ma piuttosto il contesto e le ragioni per cui è stato pubblicato. Parto col dire che dal punto di vista della produzione (di come avesse potuto suonare l'album in pratica) non ci si poteva aspettare qualcosa di troppo diverso dagli ultimi lavori targati Brendan O'Brien (“Black Ice” e “Rock or Bust”): è chiaro che la band si sia trovata a proprio agio a lavorare con lui, come dichiarato apertamente in diverse interviste. In più, dobbiamo riconoscergli il merito di aver reso gli AC/DC più attuali nei “limiti” del loro stile, dosando la giusta quantità di esperienza come produttore in maniera azzeccata, senza stravolgere il loro sound. Un po' come fece Bruce Fairbairn con “The Razors Edge”, ma 30 anni più tardi. La ricetta “O'Brien” è sempre la stessa: ingredienti fondamentali senz'altro il maggior numero di cori riempitivi e qualche chitarra sovraincisa in più. Per questo motivo forse sono pochi i brani replicabili con la stessa “presa” ed impatto dal vivo, ma è un grande piacere ascoltarli ad alto volume uno dietro l'altro. Brian è a suo completo agio, Phil e Cliff tornano ad essere l'accoppiata ritmica vincente, mentre Angus e Stevie spesso si fondono in un un'unica grande chitarra. A volte gli arrangiamenti ritmici risentono di quelle particolarità tipiche della mano di Malcolm Young, ma sono compensati dall'energia ed entusiasmo espressi minuto per minuto.

Ci troviamo di fronte ad un buon lavoro, senz'altro non ad un miracolo, ma sicuramente riuscito. Se siano state usate idee effettivamente “scartate” perchè c'era di meglio da pubblicare in precedenza non lo sapremo mai con certezza; sta di fatto che a questo giro, a differenza di quanto accaduto con il precedente “Rock or Bust”, tutto il materiale è stato senz'altro elaborato con più calma e concentrazione. E lo si sente “a pelle”. Oltre a questo, per capirlo è bastato ricordare nel periodo promozionale di “Rock or Bust” la risposta di Angus Young alla domanda “Come mai avete voluto far uscire un nuovo album?”: “Prima di tutto dovevamo pubblicarlo per contratto”. Mettiamoci poi il degenero della malattia di Malcolm e un Phil Rudd oltre le righe per ottenere un lavoro frettoloso e con poco mordente. Cosa che invece con “Power Up” non accade: è un album sincero, pensato, voluto al 100%, e trasuda di questo. Consideriamo, se ci va, anche un marketing studiato nei minimi dettagli dagli addetti ai lavori.

Forse per la prima volta in maniera così evidente, emerge il lato umano e affettivo applicato ad un lavoro degli AC/DC. Se i fratelli Young hanno sempre detenuto il potere decisionale anche in fase di registrazione, con PWR/UP si percepisce la vera essenza di questa reunion: un nuovo incontro dove il divario famiglia-musicisti mantenuto per anni si azzera e lascia spazio, in un certo senso, a quel bisogno primordiale di amicizia e serenità, fondamentali per realizzare la più onesta e sentita dedica al più grande di tutti. QUESTO E' PER TE, MALCOLM.

"Power Up" ai voti dello Staff di AC/DC italia

Commenti ai brani di Max e Gabriele.

REALIZE
Pezzo d'apertura che sembra provenire direttamente dalle session di “Blow up your video” o “Fly on the wall”. Tirato e trascinante con imperanti cori alla “Smash 'n' Grab”, ma decisamente superiore.
Voti: Gabriele 7/10 – Marco 7,5/10 - Andrea 7/10 - Max 7/10

REJECTION
Classico mid tempo e riff tipicamente AC/DC, con arrangiamenti nei cori a cavallo tra gli Stones e il rock americano. Non brilla di luce propria come altri pezzi di “PWR/UP”.
Voti: Gabriele 6/10 – Marco 6/10 - Andrea 6/10 - Max 6,5/10

SHOT IN THE DARK
Primo singolo dell'album, nel quale la band pare concentrare in un riuscito mix riferimenti a diversi classici, “Stiff upper Lip” e “Rock'n'Roll Train” su tutti.
Voti: Gabriele 7,5/10 – Marco 7,5/10 - Andrea 7,5/10 - Max 7,5/10

THROUGH THE MISTS OF TIME
Uno di quei pezzi che lasciano il segno. Audace, fresco, innovativo. Chi ha apprezzato “Anything goes” rimarrà folgorato dal refrain nostalgico e magnetico del pezzo, superbamente arrangiato da Brendan O'Brien.
Voti: Gabriele 8/10 – Marco 8,5/10 - Andrea 9/10 - Max 8/10

KICK WHEN YOU'RE DOWN
Possibile nel 2020 arrangiare un blues in modo moderno ed efficace? La risposta è si. Azzeccato il divertente e trainante jingle di chitarra che fa da protagonista nel brano.
Voti: Gabriele 7/10 – Marco 6,5/10 - Andrea 6,5/10 - Max 7/10

WITCH'S SPELL
Collaudato "finger picking" di chitarra in evidenza e cori efficaci sul ritornello. Diretta e scorrevole, con rimandi a "Burnin Alive".
Voti: Gabriele 6,5/10 – Marco 6,5/10 - Andrea 6,5/10 - Max 6,5/10

DEMON FIRE
Uno di quei casi tipici in cui la band si autoplagia, rendendo però il risultato migliore dell'originale, vuoi per la produzione e la grinta costante per tutta la durata del brano. In questo caso, funziona meglio di “Caught with your pants down” e “Safe in New York City”.
Voti: Gabriele 7/10 – Marco 7,5/10 - Andrea 7/10 – Max 7,5/10

WILD REPUTATION
Altro richiamo al periodo “Stiff upper lip”. Quindi blues e ritornello accattivante, con Brian Johnson in evidenza e strizzatina d'occhio agli ZZTOP.
Voti: Gabriele 6,5/10 – Marco 6,5/10 - Andrea 6,5/10 - Max 7/10

NO MAN'S LAND
A qualcuno ricorderà “Stormy May day”, ma il brano in questione è ancora più "Southern". Ritornello che porta in Texas e può far venire in mente certi pezzi anni 80 di band americane AC/DC style (Cinderella su tutti).
Voti: Gabriele 6,5/10 – Marco 7/10 - Andrea 6,5/10 – Max 7/10

SYSTEMS DOWN
Il riff è uno standard e non spicca di originalità, il ritornello invece ha qualcosa di fresco e nuovo, seppur non convinca al 100%.
Voti: Gabriele 6/10 – Marco 6/10 - Andrea 6/10 - Max 6,5/10

MONEY SHOT
Un enorme fraintendimento su cosa abbia inteso per “Money Shot” il buon vecchio Angus (cercate su Google). Riff classico che trasuda l'amore dei fratelli per gli Stones, con ritornello efficacissimo. Una delle gemme presenti nel disco.
Voti: Gabriele 7/10 – Marco 7/10 - Andrea 7/10 - Max 7/10

CODE RED
Chiude il disco un altro brano con coro imponente e che si sviluppa su chitarre ricche di groove, con un occhio di riguardo, come tutto l'album, al mercato americano.
Voti: Gabriele 6/10 – Marco 6,5/10 - Andrea 6/10 - Max 6,5/10