Robert John “Mutt” Lange, il produttore da milioni di copie

Di Diego "GibsonSG"

La storia degli AC/DC, è innegabile, è sempre stata segnata da grandi incontri, coincidenze e anche terribili tragedie, ma che a loro modo hanno plasmato e reso ancora più unica la loro carriera. Qui oggi parleremo di colui che probabilmente ha un merito di grandezza pari, e da certi punti vista superiore, a quello avuto da George Young e Harry Vanda nel produrre, catturare e anche plasmare il suono e le idee degli AC/DC almeno fino al 1990, l’anno dell’arrivo di Bruce Fairbairn per “The Razor’s Edge”, ma questa è un’altra storia. Robert John “Mutt” Lange, classe 1948, Rhodesiano di nascita, inizia la carriera di produttore nella prima metà degli anni 70. La prima produzione degna di nota è la band britannica “City Boy”, dove nel primo omonimo album del 1976 il tocco magico già si fa sentire: un rock'n'roll robusto ma di grande appeal commerciale e notevoli arrangiamenti A.O.R., cosa che nel futuro avrebbe portato a Lange la fama di "Re Mida". Nel 1978 è il singolo “Rap Trap” dei Boomtown Rats, la band di Bob Geldof, la sua prima hit internazionale.

Nello stesso anno la Atlantic Records, forte dei buoni risultati ottenuti dal live “If you want blood” inizia a puntare seriamente sugli AC/DC e di conseguenza ad un singolo “radio friendly” che potesse far fare il grande salto, soprattutto nel gigantesco e ambito mercato nord americano. Nel Gennaio del 1979 i vertici Atlantic volano in Australia negli studi della Albert Productions, dove trovano gli AC/DC coadiuvati dai soliti Vanda e Young, impegnati nella stesura del disco successivo. Rimasti insoddisfatti, di fatto licenziano i produttori e decidono un cambio di produzione che, a loro dire, assicuri un singolo di successo. I discografici puntarono su Eddie Kramer, leggendario produttore di Jimi Hendrix. Dopo tre settimane ai Criteria Studios di Miami, una telefonata di Malcolm al manager degli AC/DC Michael Browning chiariva ogni dubbio: Kramer non era adatto al ruolo, si aspettava dei brani già definiti da registrare, quando la band era solita scrivere parte delle canzoni in studio e con lui la scintilla non era assolutamente scoccata. “That man was a bit of a prat” (Quell'uomo è un idiota) dichiarò poi Malcolm. Fu a questo punto che Michael Browning suggerì Lange, di fatto scrivendo la storia, possiamo dire a posteriori, considerando la carriera da li a venire del produttore. Mai nessuna scelta fu tanto azzeccata.

Cancellato un tour giapponese previsto per Marzo, la band si chiude ai Roundhouse Studios di Londra per due mesi con Lange, mettendo alla luce “Highway to Hell”. Il produttore riesce semplicemente a fare il miracolo: è il disco della svolta, le canzoni sono 100% AC/DC ma sono perfettamente adatte alle radio FM. Le chitarre sono come sempre graffianti ma allo stesso tempo sufficientemente “morbide” per avere, finalmente, un appeal commerciale. La voce di Bon Scott è più calda e blues, in qualche modo Lange riesce a tirar fuori delle frequenze basse che nemmeno Scott sapeva di avere. Insomma tutto è come sempre, eppure allo stesso tempo incredibilmente maturo e godibile: per la prima volta gli AC/DC vengono ascoltati anche dai semplici fruitori di rock, spesso abituati anche a sonorità più commerciali e ammiccanti al successo radiofonico. E’ interessante ascoltare le versioni demo di “Get it hot” e “Touch too much” sul cofanetto “Bonfire” del 1997, (probabilmente registrate con Vanda e Young negli studi della Albert), per capire quanto le indicazioni di Lange siano state cosi incredibilmente determinanti, due brani nato sotto la solita egida del rock blues venato di boogie, portati ad essere brani molto più moderni senza perderne l’energia grezza.

Il 1980 è l’anno di“Back in Black”, definitivo capolavoro produttivo di Lange (che prende l'8% su ogni album venduto) dove oltre alle canzoni confezionate alla perfezione si stabilisce lo standard delle sonorità, in primis della batteria, che avrebbero poi influenzato tutto il rock degli anni 80. Registrato nella tarda primavera del 1980, “Back in Black” è uno standard assoluto nella sonorità del perfetto rock album. A questo punto nel 1981 Lange entra prepotentemente nello star system dei grandi produttori, “4” dei Foreigner e “High’n’dry” dei Def Leppard, mantengono e in certi casi amplificano la sua peculiarità produttiva di rock radiofonico. Nel Novembre 1981 “For those about to rock” sancisce la fine del rapporto con gli AC/DC, il disco dal punto di vista produttivo è in assoluto il più curato e pulito e, vista da qui, la sporcizia (nel senso migliore del termine) di “Let there be rock” sembra lontana anni luce. In casa AC/DC però il suono iper prodotto dell’album non trova il favore della band, unita all’ossessività di Lange nella ricerca del sound giusto e alle sue interminabili giornate al banco mixer, cosa che porterà poi la band alla scellerata idea di prodursi in autonomia per i successivi due album.

Qui dobbiamo soffermarci in una importantissima riflessione, se consideriamo la grande svolta degli AC/DC del 1979/80. Sono tre fattori a cui dare assoluto merito: le grandi canzoni, una grande gestione da parte della Atlantic e l’assoluta genialità produttiva di Lange, unita alla sua grande capacità di ascolto, valutazione, e di come avvalorare un’idea senza toglierne la peculiarità principale in favore di altro. Sicuramente un lavoro enorme e certosino, unito a una certa ossessività e perfezionismo tipico di altri grandi produttori. Da qui in poi la carriera di Lange spicca il volo e inizia a fare letteralmente la fortuna dei dischi in cui è presente, uno su tutti nel 1987 è il leggendario “Hysteria” dei Def Leppard, forte dei suoi 20 milioni di copie nel mondo è il manifesto di come il rock “alla Lange” sia vincente, da Bryan Adams ai The Cars, da Michael Bolton ai Muse. Da 45 anni Lange è presente in molte grandissime produzioni. Uomo riservatissimo, poche le sue foto reperibili online, restio alle interviste. Alla genialità di produttore unisce anche una dote di autore, non è inusuale infatti trovare il suo nome tra i crediti compositivi di molte canzoni di successo da lui prodotte. Negli anni 90 riesce nell’intento di portare Shania Twain (sua moglie tra il 1993 e il 2010) ai vertici della musica mondiale, prima con “The woman in me” e successivamente nel 1997 col gigantesco successo “Come on over” che vende 40 milioni di copie nel mondo, trasformando una cantante di country pop puramente per il solo mercato americano in una stella mondiale.

Tirando le somme, la portata del lavoro di Lange è stata, come ho detto, determinante quanto quella di Vanda e Young, i primi nell’indirizzare la rotta dello stile degli AC/DC, il secondo nel mettere a fuoco e rendere il loro sound immortale. In conclusione diamo merito anche a Bruce Fairbairn, che ho menzionato in testa all’articolo, per aver riportato gli AC/DC ai favori del mercato discografico nel 1990 con “The Razor’s Edge” con un processo di svecchiamento del sound del tutto simile a quello attuato da Lange a fine anni 70, a differenza dell’operato di Rick Rubin nel 1995 per “Ballbreaker” e Brendan O’Brien negli ultimi anni. Questi ultimi più diretti a mantenere il classico sound AC/DC, giunti però in una fase della carriera (tarda nel caso di O’Brien) in cui fisiologicamente credo sia giusto mantenere il proprio standard senza intaccare la propria essenza, soprattutto in tema di stile e sonorità, a maggior ragione se questa necessità parta di una band che ha così visceralmente influenzato la scena rock mondiale.

Link utili: Gli album prodotti durante la carriera