30 anni dal concerto di “Live at Donington”: il magico ricordo di chi c’era

AC/DC - MONSTERS OF ROCK
Castle Donington - August 17, 1991
di “Max” Cavaciocchi, Staff ACDC Italia.

Buona parte della stampa nazionale Inglese, alla vigilia dell’undicesima edizione di uno dei più importanti festival rock d’oltremanica, definiva i gruppi del Monsters of Rock “gente con poco cervello e che suona Heavy metal”. A quanto pare però, le 72.500 persone che, pagando 22 sterline, se ne restarono 12 ore in piedi e conclusero la giornata scatenandosi di fronte alle evoluzioni mozzafiato di un 36enne in pantaloncini corti, lo trovarono un gran divertimento! La leggenda di “Donington Park”, autodromo inglese ubicato a Castle Donington, nelle Midlands Orientali, non è dovuta solo alle imprese motoristiche o alla vicinanza con la foresta di Sherwood che rimanda al mito di Robin Hood. Per chi amava il rock, l’hard rock negli anni 80, Donington è il festival per eccellenza.

Il 17 Agosto del 1991 gli AC/DC, per la terza volta attrazione principale di quello che allora era un annuale raduno, portavano sul palco tutta la potenza del rodatissimo “The Razors edge tour”, uno dei più importanti della loro carriera “recente”. Non c’era Phil Rudd, è vero; ma Chris Slade con quelle canzoni, in quel momento, ci poteva stare. Una scaletta al fulmicotone, con brani eseguiti ad una velocità a volte esagerata e in ogni caso mai più sentita. La grandezza di questo concerto stava anche nei numeri: palco enorme, costruito con 250 tonnellate di acciaio, altrettante di impianto, 34 autoarticolati per il trasporto e 116 operai che lo allestirono in una settimana. Alla fine, gli AC/DC se ne tornarono a casa con 1 milione di sterline in tasca.

Chi come il sottoscritto ha avuto la fortuna di partecipare, circa un mese dopo, all’edizione Italiana in quel di Modena, può certamente immaginare l’eccitazione e l’adrenalina che si respirava, può sentire addosso i watt sprigionati dagli amplificatori e la compattezza della band nell’impeccabile esecuzione dei brani. Tuttavia, Donington è Donington. E questa edizione in particolare fu un evento unico, anche per la successiva pubblicazione dello storico VHS, che lo immortalava con una qualità eccezionale per l’epoca. Solo i presenti possono davvero raccontarlo. Maurizio “Pinolo” Muratori ed i suoi sui “sgherri” c’erano. Chissà quante volte ne avranno parlato ed avranno rivissuto quelle emozioni. Stavolta, dopo 30 anni esatti, l’han fatto per noi.

Il viaggio verso la leggenda

Un biglietto ferroviario che permetteva, sotto i 26 anni, viaggi illimitati in 29 paesi europei. Questo era nei primi anni 90 l’Interrail (esiste ancora oggi in versione molto ampliata): un’incredibile opportunità di viaggiare, conoscere, socializzare e perchè no, vedere concerti. A ripensarci adesso fa quasi sorridere ma per molti di noi attuali 50enni era l’unico modo per uscire dall’Italia spendendo relativamente poco. E fu così che Maurizio e Daniele, amici di rock e di birre, coronarono il sogno di vedere la loro band preferita sul palco di Castle Donington, alla fine di un lungo viaggio in treno tra Scozia e Inghilterra.

In Italia alcune riviste specializzate dell’epoca (“Hard” - edizione di Agosto - tra le altre) riportarono la notizia che la famosa data Inglese del 17 Agosto doveva essere l’unica denominata come “Monsters of Rock”, per volere degli stessi AC/DC che intendevano considerare questa serie di concerti Open Air come la seconda leg Europea del loro tour. La questione, mai ufficialmente confermata, all’epoca suscitò qualche polemica, specialmente tra i fan dei lanciatissimi Metallica che non vedevano di buon occhio i loro idoli relegati a gruppo spalla. Tuttavia tutto fu presto dimenticato di fronte ad una line up irripetibile che come noto vedeva la presenza di Black Crowes (vincitori del grammy con l’album d’esordio) Queensryche, Motley Crue (all’apice della carriera) Metallica (Black album uscito da pochi giorni) ed AC/DC. Quasi a voler prendere confidenza con il “Monster” appunto, Maurizio e Daniele arrivarono fino a Loch Ness, tappa più a nord del loro giro della Scozia che li avrebbe poi portati ad Edimburgo. Nessun avvistamento del leggendario Nessie, ovviamente.

Passare da Prato (città di partenza) ad Edimburgo (attraverso diverse tappe intermedie) era un grande salto. Prato nel 1991 era si il capoluogo di provincia più popolato d’Italia, ma Edimburgo contava il secondo numero di abitanti di tutta la Scozia, con circa un milione di persone per l’intera area metropolitana. Il festival omonimo, per esempio, era ed è la più grande manifestazione teatrale al mondo. Questo per rendere l’idea che, già prima del fatidico concerto, la bellezza del viaggio aveva portato l’eccitazione dei nostri “testimoni” ai massimi livelli. Scendendo a sud dalla Scozia verso l’Inghilterra, la prima tappa fu Nottingham. Nessun viaggio in Inghilterra poteva ritenersi riuscito senza una visita ai negozi di dischi e in uno di questi, al Jerusalem, Maurizio e Daniele ebbero un incontro a sorpresa, addirittura con alcuni loro concittadini. “Bada Pinolo!” (Guarda Pinolo!): era Davide, un comune amico di Prato che qualche anno dopo aprirà uno dei primi negozi di dischi in Toscana, il “Records Inn”, esclusivamente dedicato al Metal ed all’Hard Rock. Grandi ricordi.

A questo punto, la combriccola allargata era pronta per scendere a Londra. Sembra impossibile oggi pensare ad un gruppo di persone partite dall’Italia con l’intenzione, tra le altre cose, di assistere ad un concerto, di farlo senza biglietto! Il problema fu risolto da un giornalaio a Carnaby Street. Tutto era pronto per il gran giorno. “Con Daniele avevamo assistito ad altri 2 storici Monsters svolti in Italia” ricorda Maurizio. “Nel 1988 con Kiss ed Iron Maiden, nel 1990 con Aerosmith e Whitesnake. Tuttavia l’attesa per l’edizione in questione superava di gran lunga quella dei precedenti festival. Solo il fatto di pensare di essere lì, in Inghilterra, ad aspettare quelli che con Gary Moore e Whitesnake erano i miei idoli assoluti, gli AC/DC, era continua benzina sul fuoco. Ci avvolgeva una costante ed indescrivibile trepidazione”. Una volta entrati all’interno dell’arena il gruppetto cercò ovviamente di posizionarsi il più avanti possibile e raggiunse la zona mixer. “Purtroppo non era possibile andare oltre, serviva un pass che dovevi acquistare e non a basso prezzo”. La visibilità era comunque ottima e permetteva di vedere perfettamente il palco. Un palco enorme. “Il palco di Castle Donington è il più grande che abbia mai visto, cosi come l’arena che aveva dimensioni uniche con ben 4 maxi schermi” ricoda Maurizio. “A Modena era la metà!”. Anche il numero di cannoni montati per il concerto nel ricordo dei ragazzi era superiore rispetto alla data italiana (probabilmente anche alle altre di questa leg europea, ad eccezione forse solo di Mosca) “Guarda quante bandiere italiane, non siamo soli!” Esclamava Daniele in mezzo alla folla. Tuttavia, si trattava di bandiere irlandesi, presenti in maniera massiccia a sventolare il loro tricolore, parecchio simile al nostro! “Facemmo conoscenza con persone del posto, con ragazzi tedeschi, francesi, ma anche con gente che veniva da molto lontano, addirittura dal Messico. Un’esperienza incredibile.” Racconta Maurizio.

    

Prima dell’avvento sul palco dei gruppi principali, suonarono diversi band Inglesi delle quali ovviamente Maurizio ed i nostri amici non ricordano nulla. “Forse suonarono anche i Dogs d’Amour?” Il dubbio resta. A proposito di questa street band piuttosto conosciuta in quegli anni, vi rimando a tra poche righe per un divertente aneddoto post concerto...“Tra una band e l’altra volavano sopra gli spettatori taniche di birra vuote, un’enorme distesa di oggetti di plastica saltellanti sulla gente. Non sapevamo nulla di questo modo Inglese di divertirsi ma, dopo aver preso un paio di fusti in testa, facemmo subito conoscenza con lo strano gioco...” Scherzano Daniele e Maurizio.

I Black Crowes avevano fatto uscire un solo album, il pluripremiato “Shake your money maker” e non delusero le attese. “A tutti noi piacquero parecchio, una ventata di vero rock’n’roll destinata a durare negli anni”. Un pensiero comune per questo gruppo mai entrato nel regno delle superstelle ma sempre fedele alla linea, con coerenza e qualità. Stessa cosa si potrebbe dire dei Queensryche. Tanti cambi di formazione, ottimi album e fama planetaria sfiorata ma mai costantemente confermata. Chi invece non si era mai fatto mancare nulla, dollari compresi, erano i Motley Crue. Piuttosto anonimi nel racconto di Maurizio così come coloro che per molti, dobbiamo dirlo, erano il motivo principale della loro presenza a Donington, ovvero i Metallica. “Non vedevo l’ora che finissero” ci racconta sorridendo Maurizio. “Un po’ la grande attesa per gli AC/DC, un po’ perchè non li ho mai troppo amati, lo stato d’animo era comunque questo”. Come tutti sanno, Hetfield & co. di li a poco avrebbero conseguito un incredibile successo commerciale ma anche perso la stima di molti fans della prima ora che “odiarono” il Black Album (di per sè un buon disco) rimpiangendo le vette artistiche di album capolavoro come “Masters of Puppets”. Ai posteri l’ardua sentenza.

È ancora giorno quando il suono campionato di un temporale invade il cielo di Castle Donington. Ci siamo. La pelata di Chris Slade fa capolino e parte il suo classico “start” sul charleston. Negli anni (soprattutto nell’ultimo tour) il suo groove sarà da molti valutato in modo negativo ma, come già detto, in quel momento perfetto anche lui veniva avvolto da questo clima di resurrezione Rock. E non potevi che amarlo. Tutti col fiato sospeso ed ecco Angus, vestito di velluto rosso porpora, pugno al cielo a salutare i fan in delirio. Parte Thunderstruck e già allora si capiva che si trattava di un classico, forse l’ultimo ad oggi, da affiancare a Highway to Hell o You Shook Me All Night Long, per citarne un paio a caso.

Segue Shoot To Thrill. “Se devo pensare ad un pezzo ascoltato quel giorno, direi questa” ci dice Maurizio. “Ricordo una versione devastante. Il suono degli AC/DC, a differenza di quello di tutti i gruppi precedenti, era perfetto, come ascoltare un CD! Le altre band avevano volumi più bassi e suoni più impastati. Gli AC/DC no, rasentavano la perfezione”. Come spesso succede e come successo alla stessa band di Angus Young quando aprirono anni dopo per gli Stones, il sound dei gruppi “di supporto”, pur prestigiosi che siano, viene quasi sempre lasciato ad un livello meno potente e scintillante di quello degli headliner.

Nessuno dei ragazzi sapeva che stessero registrando, ma la costante presenza in cielo di elicotteri ed alcuni rumors che circolavano all’interno dell’arena, facevano sospettare che il saluto di Brian prima di Back In Black sarebbe stato immortalato per sempre. “Hello Donington, How you doing?” Quanti di noi lo hanno ripetuto all’infinito in quegli anni. “Back in Black è sempre stato il mio pezzo preferito ed a Donington mi fece sobbalzare” Sottolinea Maurizio. “Quell’album ha un suono irripetibile e la voce di Brian Johnson è al massimo, sembra quasi Tina Turner! La mia esperienza di cantante parte da qui, da qualdo ero poco più che adolescente e continuerò finche sarò in grado di replicare dignitosamente quelle canzoni”. Con il massimo dell’obbietività, mi permetto di affermare che ci stà riuscendo pienamente ed il tributo dei fiorentini “Brain Shake” è uno dei più efficaci che abbia mai visto.

Non siamo qui a recensire il concerto, cosa fatta mille volte, è inutile pertanto l’analisi brano brano di una scaletta che in quel momento i nostri amici non conoscevano ma che oggi è stranota. “Suonarono un paio di pezzi in più rispetto a Modena, compresa Heatseeker, primo singolo del precedente album e proposta sin dal tour del 1988 che putroppo sfiorai soltanto, avendo il biglietto per la data di Losanna. All’epoca, il volere paterno aveva un peso...”. Racconta Maurizio con un velo di tristezza. L’impatto dello show, specialmente con il calare della sera, fu incredibile. “Sembrava di essere stati catapultati in una sorta di cinema post moderno, con infiniti punti dolby surround, tale era la forza prorompente delle luci e dei watt che arrivavano sul pubblico”. Ricordano tutti.

In una delle recenti mail scambiate con Brian, è venuto fuori un aneddoto divertente sulla canzone Moneytalks, uno dei brani di punta di quel tour e secondo singolo di The Razors Edge dopo Thunderstruck. “Non abbiamo più suonato il pezzo perchè alla fine della canzone la gente non applaudiva, intenta a raccogliere i finti dollari con l’effige di Angus lanciati sul pubblico!” Maurizio e gli altri ragazzi non hanno nessun ricordo di questa cosa e rammentano l’entusiasmo della gente alla fine di ogni canzone, compresa questa. Pensiamo quindi che quella di Brian fosse solo una battuta e non ci sorprendiamo conoscendo la sua celebre ironia...

“Se non sbaglio, avevano registrato qualche giorno prima il video di Are You Ready, alla Brixton Academy. Fu una sorpresa quindi non vederla in scaletta”. Ricorda Davide. Il brano faceva parte della set list nelle prime leg e riapparve nell’ultima, quella in Australia e Nuova Zelanda. Tre brani suonati erano del nuovo album e come costante di tutti i tour con Brian Johnson era Back In Black quello più rappresentato, compresa Hells Bells. “Vedere Brian suonare la campana e sapere che non l’avrebbe più fatto nei successivi tour è una bella emozione. Cosi come assistere all’interminabile strip di Angus su Jailbreak (mai più proposta dal vivo) oltre alle lunghissime versione di High Voltage e Let there be rock, prima dei cannoni finali di For Those About To Rock. La canzone dice che erano 21, ma onestamente ne contai 29!” Scherza Maurizio.

La sera dopo il concerto molti fans si ritrovarono al famoso Rock City a Nottingham ed è li che anche i nostri “testimoni” si recarono, felici e contenti dopo l’indimenticabile esperienza. “Ascoltammo per la prima volta Give It Away dei Red Hot Chili Peppers. Sarebbe uscita di li a poco anche in Italia, diventando un tormentone del “Cencio’s”, locale molto frequentato in quegli anni a Prato” Racconta Maurizio. Mi ricollego a quanto già accennato prima perchè proprio in questo locale avvenne un divertentissimo siparietto tra Davide ed un cantante locale... “Hey, I’m the singer of Dogs D’Amour”. “Ed io sono Davide da Prato, sai cosa me ne frega?!” La secca risposta, tra le risate dei nostri amici, al povero Tyla, che probabilmente da lì capì di non essere poi così importante come immaginava...

Sin da quel raduno post concerto, i racconti sull’evento lo hanno tenuto vivo fino ai giorni nostri ed anche le successive pubblicazione di AC/DC LIVE, del VHS, del DVD (criticatissimo per gli eccessivi ritocchi) del Blu Ray e addirittura di un videogioco contribuirono, nei ragazzi ed in tutti noi, a far nascere il mito di Donington ‘91. Tuttavia, anche loro - come il sottoscritto - han sempre preferito gli AC/DC successivi, quelli con Phil Rudd, di Ballbreaker, Stiff upper Lip e della prima parte del Black Ice Tour. “Barcellona 2009 fu un gran concerto” racconta Maurizio “Spero sia possibile rivederli un ultima volta in quella forma, pur senza Malcolm, ma in una buona condizione, che certamente non mostrarono a Udine e Imola”. Opinione condivisibile.

“Ho visto gli AC/DC non tantissime volte, ma i concerti erano quelli giusti” spiega Maurizio. “Non importa aver visto 50 date a tour, possedere decine di bootleg e l’ennesima rarità importata dal Giappone, per essere un vero fan. Un fan si misura dalla passione che ha nel cuore e negli occhi, nel costante ascolto, nell’apprezzare un bell’album come PWRUP, un grande regalo. Ed anche nel saper rinunciare a malincuore a qualche concerto perchè purtroppo le esigenze della vita cambiano e non possono restare per sempre quelle di un 20 enne che parte all’avventura verso il Regno Unito, per Castle Donington, per il Monsters Of Rock più bello di sempre!”.

Lo Staff ringrazia Maurizio “Pinolo” Muratori per la disponibilità e simpatia.
Grazie a Davide Bartolotti, Daniele Belli ed a tutti gli altri compagni d’avventura, non citati per motivi di tempo e spazio.


Daniele e Maurizio, estate 1988.

  
Londra, Agosto 1991.


Maurizio oggi.