Milano 2009: i due concerti

Giovedi 19 Marzo 2009
di Marco – marco@acdc-italia.com

Finalmente il grande giorno è arrivato! Dopo quasi 8 anni di attesa i Leggendari AC/DC sono ritornati sul suolo Italico. Nonostante la nostra presenza ad una dozzina di concerti del Black Ice Tour, ci sentiamo comunque tesi ed emozionati, come se fosse passato qualche anno dalla loro ultima performance. Arriviamo al Mediulanum Forum intorno alle 16:30, la coda ha già riempito lo spiazzo davanti ai cancelli. Un ora più tardi il fiume di persone arriverà già nei pressi del ponte sopra l’autostrada, quasi sulla carreggiata. Sia fuori che dentro il palazzetto, si respira un aria di festa e grande attesa per l’inizio del concerto. Il gruppo di supporto sono gli irlandesi “The Answer”, che propongono una sorta di hard rock molto simile per suoni e soprattutto movenze (del cantante) ai più datati Black Crowes… A dir la verità questa è la prima volta che ascolto per intero (volente o nolente) la loro mezz’oretta di concerto. Durante il tour negli Stati Uniti entravamo apposta 😉 sempre all’ultima canzone che ormai, conosciamo a memoria.

Lo dico sempre: qualunque sia il gruppo di supporto, poco dopo verrà comunque “asfaltato” dalla granitica performance degli AC/DC, senza lasciare traccia. La tensione comincia a farsi palpabile. I pochi minuti all’inizio sembrano interminabili. Troppo tempo è passato dalla loro ultima data in Italia. Troppa è la voglia di lasciarsi andare, sfogarsi, far festa e tributare come si deve questi Dei dell’Hard Rock. Il pubblico comincia a scaldarsi sul serio, chiamando a gran voce la Band. Sono finalmente le 21:00, si spengono le luci. Come di consueto parte il divertentissimo intro-cartoon, trasmesso sul megaschermo centrale . Il treno in corsa, ripreso frontalmente, ci viene incontro ad alta velocità. Due provocanti ragazze raggiungono la locomotiva, “seducono” l’arrapato Angus in versione macchinista per poi stenderlo con un pugno, impadronendosi dei comandi. La leva del freno viene azionata ma improvvisamente si spezza; non c’è più controllo. Le ragazze si tuffano dal treno in corsa mentre il diavoletto cerca di liberarsi dalla corda che gli blocca le mani, riuscendoci. Tutto ciò che gli rimane è recuperare la sua Gibson Sg e aggrapparsi alla locomotiva che si dirige verso una barriera di fine corsa. Simulando l’impatto, partono spettacolari esplosioni, fumo, fuochi d’artificio per tutto lo stage. Ecco che Angus appare in carne ed ossa. Braccio al cielo, si aprono le danze con l’oramai collaudato riff di Rock’n’Roll Train. Gli schermi nel frattempo si dividono, sopra la batteria appare maestosa la locomotiva. Il pubblico è in delirio e non sta più nella pelle! Tutti saltano, gridano festanti e cantano a squarciagola il coro “Runaway Train, running right off of the track”. Neanche il tempo per riprendersi e partono di seguito 2 pezzi a dir poco storici. Hell Ain’t A Bad Place To Be e Back In Black. Tutta la Band è in gran forma, Brian visibilmente contento e molto carico abbozza qualche parola in italiano: “Milano come stai?”. Il quarto pezzo è il secondo estratto dall’ultimo album. Big Jack! Il brano piace parecchio e viene cantato dalla maggior parte dei presenti. Si prosegue con una delle mie preferite, Dirty Deeds Done Dirt Cheap. Come di consuetudine, un brivido mi corre lungo la schiena. Il pezzo risulterà uno dei più apprezzati. Tutto il palazzetto infatti, tribune comprese, grida con le braccia alzate il coro “Done Dirt Cheap!”. Non c’è che dire, un inizio incredibile che farebbe impallidire anche il più scettico dei fans.

La gente continua a saltare, Brian cammina sulla passarella in mezzo al pubblico, dando “il cinque” ai fortunati appoggiati alle transenne. E’ il momento di Shot Down In Flames, per fortuna riproposta in scaletta dalla Band, che non la includeva dai tempi del Ballbreaker Tour. Durante il bellissimo assolo l’indemoniato Angus percorre metà palco con il duckwalk senza sbagliare nemmeno una nota. Cosa impossibile per il mondo intero, ma assolutamente normale per lui ;). L’inconfondibile riff iniziale di Thunderstruck fa scoppiare il pubblico in un delirio collettivo. Tutti scandiscono la parola “Thunder!”, sovrastando la voce di Brian. Un’atmosfera incredibile. Il chitarrista continua senza sosta ad annichilire il pubblico con i suoi movimenti. Anche il cantante, da grande trascinatore quale è, lo affianca spesso continuando ad incitare il pubblico in estasi. Durante il celebre assolo Angus si porta sul lato destro del palco e viene ripreso dalle telecamere poste sotto il palco attraverso le lastre di plexiglass, mente esegue il suo duckwalk. Tutto esattamente come il videoclip ufficiale! I ritmi vengono leggermente smorzati dalla title track Black Ice, una buona traccia, ma che perde largamente il confronto con i “classici”. La seguente è The Jack. Sicuramente una delle più attese. E’ il momento del famoso spogliarello, con tanto di boxes targati “AC/DC”. Brian fa di tutto per coinvolgere il pubblico nel famoso ritornello, e ci riesce alla grande.

Si abbassano le luci e partono i rintocchi della celeberrima campana…anche i sassi sanno che è il momento di Hell’s Bells. Un incitato Brian si aggrappa alla fune ed ondeggia per qualche secondo. Parte lo storico riff, mentre il nostro pensiero va ad un indimenticabile Bon Scott. Uno dei momenti clou della serata. Angus viene acclamato a ripetizione. Arriva Shoot To Thrill. Fantastica! Le ritmiche di Malcolm fanno ondeggiare e saltare il pubblico per l’ennesima volta. Nell’intermezzo dopo il solo, Brian fa battere le mani a tutti e sorridendo afferma “that’s Rock N’ Roll Milano style!”. Uno dei pezzi più belli in assoluto. Arrivano gli ultimi due estratti da Black Ice, ovvero War Machine e Anything Goes. Tutte e due proposte in modo decisamente più grintoso rispetto alla versione in Studio. Soprattutto la prima è a mio parere davvero trascinante. Brian ha qualche problema con l’auricolare che si protrarrà addirittura fino ad Highway To Hell. Nonostante il disguido la sua prestazione resta comunque di alto livello. Ormai entriamo nella parte finale del concerto. You shook me all night long viene accolta con l’ennesimo boato. Tutti in coro a cantare il ritornello. Da pelle d’oca! Non c’è niente da fare, resta uno dei prezzi più amati dai fans.

Il trittico proposto in chiusura prima del bis è da antologia. Gli “Oi Oi Oi” durante TNT sovrastano il cantato. Whole Lotta Rosie con l’immancabile bambolona gonfiabile, che stavolta cavalca la locomotiva al posto di essere sdraiata come nei precendenti tour. Il pezzo è veramente veloce ed il pogo diventa davvero frenetico, nonostante la stanchezza si cominci a far sentire. Rosie risulterà tra le canzoni migliori, come lo è sempre stata nei concerti a cui ho assistito. Ha sempre quell’alone di magia che la distingue dalle altre. Adesso tocca alla “Bibbia”, alla Storia del Rock, alla frenetica ed adrenalinica Let There Be Rock! La locomotiva rientra ed i grandi schemi ai lati si uniscono formandone uno gigantesco sopra la batteria che, prima continua a seguire i magnifici 5 durante la canzone, poi trasmette in ordine sparso le copertine della vasta discografia della band. Mi da sempre una grande emozione vedere la figura dell’immenso Bon Scott sulla copertina di Highway to Hell. Angus durante la canzone percorre la passerella in tutta la sua lunghezza fino ad arrivare alla piattaforma, esattamente al centro del Forum, che si alzerà di qualche metro. Ovazione incredibile durante l’intera esecuzione, soprattutto nel momento in cui si lascia cadere sulla base di schiena e comincia a girare su se stesso…ancora più pazzesco, se si pensa che il chitarrista ha quasi 54 anni.

Al termine della canzone, come di consuetudine, si dirige sulla postazione sopra la batteria, per scatenarsi in un ultimo solo. Il pubblico conosce bene il gioco, e risponde con assordanti grida ogni volta che Angus incita gli spettatori con il suo ghigno sarcastico. Lo schermo gigante situato alle sue spalle inquadra le mani che scorrono lungo la tastiera, in modo di apprezzare ancora di più la sua tecnica inconfondibile. Alla fine della tiratissima Let There Be Rock Brian come da copione urla “See ya good night!”, ma nessuno ci crede. Segue una breve pausa, quando all’improvviso del fumo fuoriesce dal centro palco. Da una botola spunta fuori Angus con le corna sulla fronte… è il tripudio! Comincia il riff inconfondibile di Highway To Hell. Ancora una volta il caloroso pubblico venuto al Forum è pronto a saltare e cantare a squarciagola lo storico ritornello. Nemmeno il tempo per riprendersi e parte For Those About To Rock. Come al solito il riff iniziale mi da un senso di grandezza (per la canzone in se stessa) e amarezza allo stesso tempo sapendo che scandirà l’inizio dell’ultimo brano della serata. Non sembra vero che sia già passata un ora e 40 minuti dall’inizio. Il tempo è letteralmente volato. In chiusura i sei cannoni salutano un Forum festante, mentre Angus si dimena e saltella ancora per il gran finale.

Il pubblico tributa con un lungo e meritato applauso questa immensa Band. Un Icona, una Leggenda Vivente, capace di regalare ai proprio fans serate come queste. Serate che resteranno ben stampate nella mente di ogni fan. Spero di aver trasmesso le sensazioni provate nella fantastica e storica serata a cui abbiamo assistito.

D’altronde, come ho sempre detto, gli AC/DC non si scrivono, ma si devono vivere!

We Salute You!
Marco
marco@acdc-italia.com

La scaletta delle due serate:

  • Rock’n’roll Train
  • Hell ain’t a bad place to be
  • Back in Black
  • Big Jack
  • Dirty Deeds Done Dirt Cheap
  • Shot Down in Flames
  • Thunderstruck
  • Black Ice
  • The Jack
  • Hell’s Bells
  • Shoot to Thrill
  • War Machine
  • Anything Goes
  • You Shook Me All Night Long
  • TNT
  • Whole Lotta Rosie
  • Let there be Rock
  • Highway to Hell
  • For Those About to Rock

Sabato 21 Marzo 2009
di Gabriele – gabriele@acdc-italia.com

Per chi ha seguito costantemente gli aggiornamenti del tour, non era difficile prevedere che la scalettta per il secondo show sarebbe stata la stessa di giovedì, la medesima dell’intero tour, se non per l’aggiunta di “Shot down in flames” alla seconda data europea a Stoccolma. Pertanto, non mi metterò a ripercorrere la scaletta come ha già fatto esaurientemente Marco, ma ad analizzare tutte quelle differenze che sono saltate all’occhio, e alle orecchie, nel corso del concerto. Se il giovedi poteva essere un ostacolo per assistere al concerto, soprattutto per coloro che arrivavano da lontano, o per chi aveva problemi di lavoro, il Sabato non ammetteva scusanti, perlomeno in quanto pre-festivo. A partire dalle prime ore del pomeriggio infatti, già qualche centinaio di persone era appostato di fronte agli ingressi. Decisamente una quantità superiore di quelle presenti due giorni prima. Per agevolare i presenti, i cancelli sono stati aperti con una mezz’ora di anticipo sull’orario previsto. Una buona mossa, soprattutto per evitare il ri-formarsi di una lunga coda come avvenuto per il precedente show. Forse proprio per l’atmosfera più rilassata, se ci riferiamo al giorno della settimana in se, senza problemi di orario per il giorno dopo, il pubblico è apparso leggermente più carico. Senza dubbio c’è stata un’affluenza decisamente maggiore. Anche a causa dell’apertura anticipata dei cancelli, i posti che nella giornata di Giovedi erano ancora “raggiungibili” alla stessa ora, il Sabato erano oramai già inesorabilmente occupati. Anche la band ha dato la sensazione di essere stata “influenzata” dal grande calore del pubblico . Ad esempo, ai più attenti sarà saltato all’occhio il maggior protrarsi sulla passerella di Angus durante il solo di Rock’n’Roll Train, quasi per “sentirsi” circondato dalle urla, gli applausi, dallo stato di completa euforia che regnava nei primi minuti, e che è stato mantenuto senza sosta per le due ore successive. Anche l’insolito gesto di indossare all’inizio di Back in Black un paio di corna luminose gettate poco prima sul palco, poi inesorabilmente cadute pochi secondi dopo l’attacco del riff a causa del consueto head-bangin’, secondo noi è stato un “segno” che il chitarrista, forse leggermente abitudinario nelle movenze sul palco (ma ogni volta strabiliante), si stesse davvero divertendo sul serio. Per quanto riguarda Brian, stava decisamente meglio della serata precedente (vedi il 1° Speciale), mentre i problemi ai suoi ear-monitor, che lo avevano tanto infastidito il Giovedi, sembravano definitivamente risolti.

Già dalle prime canzoni il parterre era diventato una vera e propria bolgia. Attraversandolo fino alle transenne che davano sulla passerella centrale ho notato qualcosa di particolare negli occhi e sui volti della gente, al quale non avevo fatto caso due giorni prima: l’emozione, il divertimento, lo stupore, la gioia. Parecchia gente ci ha scritto dicendo di aver pianto durante lo show, possiamo capirvi al 100%. Forse abbiamo “smorzato” l’attesa del concerto italiano con la partecipazione ad altre date nelle settimane/mesi precedenti, ma la prima volta in 8 anni, c’è stata anche per noi…

Non penso che altre band possano trasmettere un’emozione così forte, essere in grado di creare un’attesa così grande, a volte insostenibile dal punto di vista emotivo. Ci tengo a precisare, ancora per una volta, che gli AC/DC non hanno più nulla da dimostrare, ne tanto meno nessuno li obbliga a continuare a spaccarsi la schiena dal vivo. Parliamo schiettamente: i loro conti avranno cifre a 6 zeri da oramai 30 anni, pertanto, escludiamo che vadano avanti per soldi. Punto secondo, arrivano tutti da una gavetta molto dura e sanno cosa vuol dire fare sacrifici per il proprio lavoro e per la propria passione. Punto terzo: Ad ogni show, quando Brian incrocia il vostro sguardo, o quando qualcuno della band si rende disponibile (…anche Phil Rudd, per quelle poche volte!) per una semplice stretta di mano , traspare indubbiamente il loro rispetto nei nostri confronti e il loro lato più umile come esseri umani. Questo loro “basso profilo” li rende così sinceri, così apprezzabili, per certi versi simili alla maggioranza dei loro fan in quanto a semplicità; ed assistere ad un loro concerto, lasciandoci trasportare da ciò che proviamo dentro di noi, è senza dubbio uno dei modi migliori per ringraziarli davvero di essere cosi magnificamente unici.